Immagine sul doppio

Il fotografo e la bambina - Recensione

Il fotografo e la bambina

Consolata Lanza su LN - Libri Nuovi

Un libro davvero sorprendente, questa ennesima fatica di Dario Lanzardo, in cui l’autore riunisce le sue due anime, il fotografo di lunghissima esperienza e il narratore di recente scoperta. Si tratta di quindici racconti raccolti ciascuno attorno a una o più fotografie, di cui vengono narrate le circostanze in cui sono state scattate, o quello che ci stava intorno, o le conseguenze che ne sono scaturite. Narrazioni affascinanti per la naturalezza con cui si passa dalla descrizione della scena trasformata in immagine all’acutezza psicologica dei ritratti umani che l’autore vi disegna intorno. Quello che si impara dalla lettura di questo libro è soprattutto che dietro all’occhio che inquadra c’è una mente che analizza e soppesa, si stupisce, si emoziona, fantastica costruendo storie attorno all’oggetto inquadrato dall’obiettivo. Il fotografo non solo come guardone, quindi, ma come colui che partecipa, talvolta trasforma, e riesce persino a rinunciare allo scatto perché “Come ci sono storie che devono essere raccontate, capita di incontrare immagini che vivono appieno il loro splendore soltanto nel ricordo di chi le ha viste”. Tra le vicende narrate da Dario Lanzardo con una prosa affabile e notevole sincerità, sarà difficile dimenticare la bambina che non voleva farsi fotografare e la sua vita complicata (nel racconto eponimo), che ora campeggia splendidamente in copertina, la postina della Val di Vara che ha fatto quattro volte il giro del mondo, il ritratto del soldato morto di paura che lo spinge a cercare i libri che parlano dei disertori giustiziati per dare l’esempio ai commilitoni, la fabbrica tessile abbandonata e i fiumi di Torino, la mondina di paglia che bruciando diventa arte e crea conflitti, l’ilare e surreale vicenda dello spettatore che aveva mangiato aglio, il fantastico avvocato alessandrino che compare dal nulla come evocato dalle armature antiche, l’atmosfera di un set cinematografico molto particolare, il mondo tosto ma venato di tenerezza dei rocchettari torinesi, la delicatezza con cui è trattata la parabola tragica di Isabella–la–bella, la storia dell’immagine “difficile” e magnifica di Sara alla finestra con la sua epifania finale moltiplicata dagli specchi, l’incontro con il visitatore della mostra che vorrebbe scoprire il mistero di un volto scomparso, i molti personaggi del Portogallo ritratto nel momento trionfante della rivoluzione dei garofani, e infine le immagini troppo difficili per diventate fotografia, o che si sono definite sotto forma di parola.

La narrazione è costruita senza cedere alla tentazione del linguaggio poetico neanche là dove sembrerebbe la via più facile, procede con notevole concretezza e capacità di trovare l’epica anche nel particolare minimo, sempre curiosa del lato umano ma anche pronta a scartare. L’autore, che coincide con chi dice io, ha molta immaginazione ma non affabula, anzi la sua è una ricerca di senso e di motivi, il punto di vista spazia e si allarga in centri concentrici a partire dal nucleo centrale costituito dalla foto.

Consigliabile a chi, guardando una fotografia, ama sapere (e io sono tra questi) che cosa c’è dietro, e dentro alla testa di chi l’ha fatta.


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